Disordini alimentari e psicoeducazionealimentare.
La psicoeducazione alimentare
Tornare a volersi bene è il punto di partenza e di arrivo del percorso di conoscenza di se stessi, che svolgeremo insieme allo scopo di restituire centralità ai nostri bisogni. Nel percorso di psicoeducazione alimentare si esplorano le emozioni, le sensazioni, i pensieri e i comportamenti che mettiamo in atto quotidianamente, al fine di imparare a “nutrire il corpo e la mente” in modo corretto.
Il percorso di psicoeducazione alimentare consente di acquisire tecniche di gestione dei comportamenti e delle emozioni andando a potenziare le abilità di “locus of control” interno ed esterno.
Gli incontri individuali, solitamente, possono prevedere, a seconda dei casi, la compartecipazione del nutrizionista.
L’obiettivo è individuare insieme le strategie comportamentali e cognitive che possono favorire uno stato di benessere psicofisico. E, quindi, migliorare il nostro stile di vita a partire dalle scelte alimentari (cosa e come mangiare), dallo sport, dalla conoscenza del nostro corpo (funzioni e sensazioni), dalla gestione delle emozioni e dello stress.
I disordini alimentari
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) o disturbi dell’alimentazione sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e/o da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo.
Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile.
I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo), il vomito per controllare il peso, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso, un’intensa attività fisica.
Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione.
Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è.
I principali disturbi dell’alimentazione sono l’anoressia nervosa, bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED); i manuali diagnostici, inoltre, descrivono anche altri disturbi correlati, come i disturbi della nutrizione (feeding disorders) e i disturbi alimentari sottosoglia, categoria utilizzata per descrivere quei pazienti che pur avendo un disturbo alimentare clinicamente significativo, non soddisfano i criteri per una diagnosi piena.
Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali. Per la persona che soffre di una disturbo dell’alimentazione tutto ruota attorno al cibo e alla paura di ingrassare.
Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili e motivo di ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici, partecipare ad un compleanno o ad un matrimonio.
Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad esempio a scuola o sul lavoro; terminare un compito può diventare molto difficile perché nella testa sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “deve” mangiare, sulla paura di ingrassare o di avere una crisi bulimica.
Solo una piccola percentuale di persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione chiedono aiuto.
Nell’anoressia nervosa questo può avvenire perché la persona all’inizio non sempre si rende conto di avere un problema. Anzi, all’inizio, la perdita di peso può far sentire la persona meglio, più magra, più bella e più sicura di sé. A volte le persone ricevono complimenti durante la loro iniziale perdita di peso e questo può rinforzare la sensazione di stare facendo la cosa giusta.
Quando le cose invece cominciano a preoccupare, perché la perdita di peso è eccessiva o comunque comporta un cambiamento importante della persona, molte persone non sanno come affrontare l’argomento. In genere sono i familiari che, per primi, allarmati dall’eccessiva perdita di peso, si rendono conto che qualcosa non va. Anche per loro però non è facile intervenire, soprattutto quando la figlia o il figlio non hanno ancora nessuna consapevolezza del problema e rispondono con frasi come “non ho nessun problema …sto benissimo!”.
Anche chi soffre di bulimia nervosa spesso si rivolge ad un terapeuta solo dopo molti anni da quando il disturbo è cominciato; come nell’anoressia, inizialmente non si ha una piena consapevolezza di avere una malattia, ma soprattutto un forte senso di vergogna e di colpa sembra “impedire” alla persona di chiedere aiuto o semplicemente di confidare a qualcuno di avere questo tipo di problemi. Il fatto di non riconoscere di avere un problema o di usare i sintomi del disturbo alimentare per cercare di risolvere le proprie difficoltà può avere delle importanti conseguenze sulla richiesta di un trattamento.
Una caratteristica quasi sempre presente in chi soffre di un disturbo alimentare è l’alterazione dell’ immagine corporea che può arrivare ad essere un vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto ovvero il modo in cui nella sua mente si è formata l’idea del suo corpo e delle sue forme, sembrano influenzare la sua vita più della sua immagine reale. Spesso chi soffre di anoressia non riesce a giudicare il proprio corpo in modo obiettivo; l’immagine che rimanda lo specchio è ai loro occhi quella di una ragazza coi fianchi troppo larghi, con le cosce troppo grosse e con la pancia troppo “grande”.
Per le persone che soffrono di bulimia nervosa HYPERLINK "http://disturbialimentariveneto.it/bulimia-nervosa/" l’angoscia può essere ancora più forte per il fatto che il fatto di perdere il controllo sul cibo fa percepire il peso corporeo (che molto spesso è normale) come eccessivo. Sia nell’anoressia nervosa che nella bulimia nervosa, la valutazione di sé stessi dipende in modo eccessivo dal peso e dalla forma del proprio corpo.
Spesso il disturbo alimentare è associato ad altre patologie psichiatriche, in particolare la depressione, ma anche i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità. Possono essere presenti comportamenti autoaggressivi, come atti autolesionistici (ad esempio graffiarsi o tagl liarsi fino a procurarsi delle piccole ferite, bruciarsi parti del corpo) e tentativi di suicidio.
Questo tipo di disturbi occupano uno spazio molto particolare nell’ambito della psichiatria, poiché oltre a “colpire” la mente e quindi a provocare un’intensa sofferenza psichica, essi coinvolgono anche il corpo con delle complicanze fisiche talvolta molto gravi.